martedì 17 agosto 2010

Libri da leggere sotto l'ombrellone

Quando hai fretta cammina lentamente di Easwaran Eknath, 1999, (TEA Ed.)
Il mondo odierno, non lo scopro io, è pieno di volgarità. L’automobilista dietro che ti rompe i timpani e ti minaccia per passarti avanti, il ragazzino che approfitta dei tuoi capelli bianchi per superarti sulla scala mobile, la ragazzina che spinge per passare avanti senza chiederti scusa, il ‘manager’ che mangia al ristorante mentre sta attaccato al telefono, il pensionato che cambia continuamente canale passando dalla rai a mediaset e viceversa, il nevrotico che ti parla sputandoti in faccia, l’amico che, dopo aver gettato lo sguardo all'orologio, senza preavviso ti saluta perché ha cose più importanti da svolgere. Insomma l’elenco è così lungo che potrebbe continuare all’infinito. Se dovessi rispondere alla domanda: quale sia quella caratteristica che – peggio che mettersi le dita nel naso quando si è seduti a tavola – finisce per qualificare o forse sarebbe meglio dire ‘squalificare’ irrimediabilmente l’essere umano, risponderei senza ombra di dubbio che il massimo segno della volgarità oggi è la fretta. Sono solo due le possibili spiegazioni della fretta: o c’è qualcosa o qualcuno che ti insegue, o viceversa se tu che stai inseguendo qualcosa o qualcuno. Sia nell’uno che nell’altro caso vuol dire che hai qualcuno che ti comanda, in altre parole non sei tu il padrone del tuo tempo. Oggi la vera ricchezza è il tempo. Non i soldi, che vanno e vengono, ma il tempo, che va e non torna indietro. Quando ero ragazzino (diciamo grosso modo nei favolosi anni ’60), il momento più bello della giornata di un individuo era quello di farsi la barba ogni mattina dal barbiere o la sera giocare a carte con gli amici. Altro che rasoio elettrico attaccato ovunque, o il televisore acceso 24 ore al giorno. Chi corre non vuole vivere. Chi vuole vivere non deve correre. La fretta di vivere non è in realtà altro che fretta di morire.

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